Il Decreto Legge n. 18/2020, cd “Cura Italia”, emanato dal Governo il 17 marzo scorso, ha previste numerose temporanee deroghe all’ordinamento amministrativo nazionale, sia di natura procedurale che sostanziale.

Una deroga tra le più rilevanti si trova all’art. 103, dove, al comma 1, si prevede una sospensione fino al 15 aprile 2020, poi prorogata al 15 maggio 2020 dall’art. 37 D.L. 23/2020, di tutti i termini siano essi ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi a procedimenti amministrativi, sia su istanza di parte che d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio o iniziati successivamente alla data stessa.

La disposizione in analisi ha sollevato dubbi tra gli operatori in merito alla possibilità o meno di applicare la sospensione prevista anche alle procedure di appalto o concessione della P.A., dubbi originati dalla mancanza di esplicita previsione normativa e fondati sul fatto che le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, nonché di concessioni costituiscono a tutti gli effetti procedimenti amministrativi, al termine dei quali si ha la formazione della volontà conclusiva della P.A., caratterizzati da una molteplicità di fasi e termini previsti dal vigente Codice dei contratti pubblici. Dunque, seppur non citati, i procedimenti di affidamento della P.A. sarebbero pienamente rispondenti alle esigenze di applicazione della disposizione.

A fugare ogni dubbio è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti il quale, con apposita Circolare in data 24.03.2020, reperibile sulla pagina istituzionale del Dicastero, ha specificato che la sospensione dei termini relativi a procedimenti amministrativi disposta dall’art. 103 del d.L. 18/2020 si applica, ad eccezione dei casi per cui lo stesso prevede l’esclusione, a tutti i procedimenti amministrativi e, dunque, anche alle procedure di appalto e concessione disciplinate dal decreto legislativo 30 aprile 2016, n. 50.

E le motivazioni sono molteplici.

Secondo la circolare, in primis, la disposizione non potrebbe non applicarsi anche a tali procedure in virtù del fatto che esse rappresentano strutturalmente la sedes materiae d’elezione, in quanto, si afferma, “in esse la fase di formazione del vincolo contrattuale è retta da regole di diritto pubblico e si sviluppa in una sequenza procedimentale che culmina nell’adozione di un provvedimento di aggiudicazione” e nella successiva stipula del contratto.

Inoltre, anche dal punto di vista della finalità normativa, questa interpretazione risulta calzante in quanto coerente con la ratio legis sottesa alla disposizione da individuarsi, da un lato, nella necessità di assicurare massima partecipazione dei soggetti interessati nonostante la situazione emergenziale in atto, e dall’altro, nella necessità di “…evitare che la P.A., nel periodo di riorganizzazione dell’attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi”.

Dunque, di fatto, per tutte le procedure di affidamento pendenti al 23 febbraio o iniziate successivamente, i termini stabiliti dalle singole disposizioni stabilite dal codice dei contratti pubblici, nonché quelli eventualmente stabiliti nelle singole procedure dalle commissioni di gara relativamente alle loro attività devono ritenersi sospesi per un periodo di 82 giorni, cioè dal 23 febbraio al 15 maggio.

Ma questo non significa che le pubbliche amministrazioni si fermano, anzi!

L’applicazione della sospensione di cui sopra non deve comunque far rilassare le stazioni appaltanti, le quali, seppur in regime di sospensione, hanno l’obbligo, espresso al secondo periodo del 1 comma dello stesso art. 103, di “adottare ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti“. Questo in virtù della necessità di conclusione in tempi certi e celeri che caratterizza il settore degli appalti pubblici.

Da ciò l’ovvia considerazione che la sospensione è una “agevolazione” che il Governo offre alle amministrazioni pubbliche, fondata sulle motivazioni appena viste, che restano comunque libere di porre in essere validamente l’attività prevista entro il termine originario ovvero in un termine inferiore a quello risultante dalla sospensione. In tale caso rimane comunque ferma l’applicazione della sospensione anche ai termini relativi alle attività conseguenti.

Conclude, quindi, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, invitando le stazioni appaltanti dipendenti a porre in essere, durante il periodo di sospensione, tutte le misure necessarie affinché possa pervenire ad una rapida conclusione dei procedimenti al termine del periodo emergenziale.

Da ultimo, si sottolinea come anche il comma 2 dello stesso articolo abbia notevole importanza nella prassi operativa delle Stazioni Appaltanti le quali spesso, chiamate a verificare la sussistenza di presupposti o di verificare la veridicità di quanto dichiarato dalle ditte in sede di gara, attingono a banche dati condivise tra le varie amministrazioni, le quali rilasciano certificazioni o attestati “a scadenza” quali ad esempio il DURC o la verifica degli adempimenti tributari presso l’Agenzia delle entrate.

Nel vigente regime in deroga, devono considerarsi a scadenza prorogata al 15 giugno tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi in scadenza tra il 31 gennaio ed il 15 aprile.

L’art. 29 comma 2 del D.Lgs 276/2003, fin dalla versione originaria, sancisce nel nostro ordinamento il principio della responsabilità solidale fra committente e appaltatore in ordine alla corresponsione ai lavoratori di quest’ultimo dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, solidarietà che la Legge Finanziaria 2007, articolo 1, comma 911, ha esteso, ai trattamenti retributivi e previdenziali dovuti ai dipendenti anche di ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, cosi’ ulteriormente rafforzando la tutela dei lavoratori.

La norma, dettata in tema di impiego privato, è stata estesa dalla giurisprudenza all’ambito pubblico, con la conseguenza che, per lungo tempo, il filone giurisprudenziale prevalente ha considerato la norma sulla solidarietà di cui all’art. 29 sopra citato operativa in ambito di appalti pubblici.

Questo orientamento è stato completamente ribaltato dalla sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza n. 15432 del 7 luglio 2014.

La Cassazione (che si pronuncia prima della promulgazione del nuovo codice degli appalti di cui al D.Lgs. 50/2016) rileva infatti che la normativa sugli appalti pubblici contiene una serie di previsioni specifiche volte a garantire l’osservanza della disciplina lavoristica e delle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali da parte dell’impresa esecutrice di contratti pubblici  e del subappaltatore, costituite segnatamente dalla disciplina dell’intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva  e retributiva, nonché la connessa disposizione sul documento unico di regolarità contributiva, contenute negli artt. 4, 5 e 6 del Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici di cui al D.P.R. 207/2010.

Tali specifici strumenti, se attivati nei tempi e nei modi prescritti, consentono ai lavoratori impiegati negli appalti pubblici di ottenere direttamente dall’amministrazione committente il pagamento delle retribuzioni dovute dal loro datore di lavoro anche in corso d’opera.

Sempre secondo la pronuncia in commento, qualora i lavoratori non utilizzino tali strumenti è inoltre sempre possibile far ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all’articolo 1676 del codice civile, secondo cui i lavoratori dipendenti dell’appaltatore che abbiano prestato la loro opera per l’esecuzione dell’opera appaltata possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto loro dovuto fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore, norma che la Cassazione conferma applicabile anche ai contratti pubblici.

L’esistenza di questi specifici mezzi di tutela, dotati, peraltro, di maggior incisività rispetto agli strumenti predisposti dalla Legge Biagi, impedisce l’applicabilità in materia della disciplina della responsabilità solidale tra committente e appaltatore di cui all’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003, che resta operativa per i soli rapporti di appalto tra soggetti privati.

I principi enunciati dalla sentenza in parola non perdono attualità a seguito della riforma dei contratti pubblici intervenuta con il D.Lgs. 50/2016: le norme di cui agli articoli 4, 5 e 6 del regolamento di attuazione del vecchio codice sono infatti state trasfuse, con alcuni rafforzamenti, all’interno dell’art. 30 del nuovo codice.

Testo integrale delle sentenza Cass. Civ. Lav. 15432/14

La materia degli appalti pubblici è caratterizzata da una certa complessità, dovuta soprattutto all’intrecciarsi, a diversi livelli, di norme di diversa promanazione.

Quello degli appalti non è un settore in cui ci si possa improvvisare: le procedure sono complesse e gli istituti e le logiche sono lontani dal senso comune.

Per chi vuol lavorare seriamente con il settore pubblico è assolutamente necessario disporre di un ufficio appalti dotato di risorse adeguate e personale altamente qualificato, sulla cui formazione è necessario investire, nonché del supporto tecnico specialistico di professionisti della materia che affianchino l’impresa fin dalla prima lettura del bando ed operino per evitare i disastri che ad ogni passo possono verificarsi.

Negli appalti pubblici bisogna agire in prevenzione: l’avvocato, anche se “specialista”, se contattato al ricevimento del provvedimento di esclusione o alla comunicazione di mancata aggiudicazione può fare poco o nulla, mentre se chiamato alla pubblicazione del bando e affiancato a personale aziendale competente può svolgere una funzione salvifica.

Per chi si trova a dover approcciare per la prima volta alle procedure, le difficoltà non sono poche e per crearsi delle solide basi, da qualche parte dovrà cominciare.

Per questo ho deciso di pubblicare la guida di base che trovate al link qui sotto, con cui offro, sottoforma di slide, una panoramica dei principali istituti e procedure relativi ai contratti pubblici di servizi e forniture, che credo possa essere utile come base di partenza per chi vuole accostarsi alla materia.

I contratti pubblici di servizi e forniture – Slides

Aggiornamento del 10 maggio 2016 – Promulgazione del nuovo codice degli appalti

Il 19 aprile scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs n. 50 del 18.4.2016, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici.

Il nuovo codice è entrato in vigore lo stesso giorno della pubblicazione (“brutalmente” dicono alcuni), senza periodo di vacatio legis, scelta che il legislatore ha operato per evitare le complicazioni conseguenti dell’entrata in vigore delle norme self executing delle direttive europee nn. 23, 24 e 25 del 2014, che avrebbero comportato la disapplicazione delle norme del vecchio D.Lgs. 163/2006 con esse contrastanti per gli appalti avviati nelle more della pubblicazione del nuovo codice (cosa che, in effetti si è verificata per un giorno, dato che sono entrate in vigore il 18.4.2016).

Per il regolamento di attuazione è previsto un meccanismo di ultravigenza fino all’emanazione dei vari provvedimenti attuativi (di c.d. “soft law”), soprattutto in materia di lavori pubblici, mentre è carente in toto la disciplina di dettaglio relativa a servizi e forniture.

Il nuovo codice rivisita la materia in modo organico, quindi la guida pubblicata deve essere rivista e adeguata al nuovo panorama normativo.

La versione pubblicata resta utile come riferimento alle procedure in corso e come strumento per comprendere le logiche dell’appalto, con l’ovvia riserva, per chi la legge, che la disciplina in parte non è più attuale.

Provvederò presto a pubblicare la nuova versione.