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Coprire il campo da Padel in edilizia libera: siamo sicuri?

Non tutto quello che viene pubblicizzato è sempre realizzabile

Da un po’ di tempo è esploso anche nel nostro paese il fenomeno del Padel. Per quei pochi che ancora non lo sapessero, si tratta di uno sport derivato dal tennis, giocato con racchette più piccole e rigide, su campi più piccoli con sostrato sintetico e delimitati (normalmente) da vetrate.

L’estate è finita e i vari gestori si stanno ovviamente organizzando per poter continuare l’attività anche d’inverno, cercando sostanzialmente soluzioni per coprire il campo.

Il mercato si è subito messo in moto, con le soluzioni più disparate, normalmente assemblabili. Contemporaneamente si è mossa anche la macchina del marketing, che assicura per la tale o la tal altra soluzione, semplicità di montaggio e semplificazione burocratica in quanto l’installazione della copertura prescelta rientrerebbe nel mare magnum dell’edilizia libera.

Ovviamente non tutti i rivenditori sono uguali, quindi non tutti azzardano a tanto e neppure le strutture che il mercato propone sono tra loro identiche.

Ad ogni modo, una domanda è d’obbligo: siamo proprio sicuri che questo tipo di manufatti sia classificabile in edilizia libera?

Da parte mia voglio provare a fare qualche riflessione generale.

Un campo da Padel regolamentare misura 20 metri in lunghezza x 10 in larghezza, con un minimo margine di tolleranza. Si tratta dunque di coprire un’area di 200 mq solo per il campo, oltre l’ulteriore spazio per passaggi, accessi, ecc.

Per consentire agevolmente il gioco la struttura dovrà inoltre garantire una certa altezza: di solito sui sette metri (consideriamo che solo le pareti del campo misurano 3 metri di altezza).

Per coprire il campo dunque abbiamo bisogno di una struttura di 200 mq d’area, alta 7 metri.

Trattandosi di un ingombro paragonabile a quello di una bifamiliare, diciamo che non possiamo considerare la struttura manufatto di piccole dimensioni.

Non a caso le strutture in vendita (ovviamente mi soffermo su quelle di qualità) prevedono forme di ancoraggio al suolo adeguate al volume, secondo le forme più svariate e smart, ma comunque stabili ed hanno caratteristiche progettuali che garantiscono durevolezza e resistenza in sicurezza agli eventi atmosferici.

Sul punto esibiscono anche una serie di certificazioni.

Concettualmente si tratta di strutture molto simili (per concetto) a quelle progettate per i campi da tennis, in cui si ha una copertura di tenda spessa impermeabile tendenzialmente fissa e tendaggi (sempre impermeabili tipo vela) laterali apribili.

Esaminando la normativa, la tesi di chi ritiene che l’opera rientri in edilizia libera fa perno sull’art. 6 co. 1 lett. e-bis) DPR 380/2001, che ammette, appunto in edilizia libera, “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale”, letto in combinazione con il lemma 56 del glossario unico sulle opere di edilizia libera ai sensi dell’ art. 1, comma 2 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n.222, che ammette nella categoria le tensostrutture e le pressostrutture.

Tutto a posto quindi?

Non proprio.

Innanzitutto bisogna fare i conti con il concetto di “temporaneità”, che trae in inganno. Sul punto infatti la giurisprudenza amministrativa (CdS 2824/2014 e TAR Toscana 696/2018) afferma che ” non possono comunque essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo” qual è quella, seppur ciclica in ragion della stagione, legata all’esercizio in pianta stabile di un centro sportivo.

Inoltre c’è da fare i conti con la normativa regionale via via applicabile.

Ad esempio in Toscana il conflitto si fa palese con l’art. 137, co.1 lett. b), n. 1  della LR 65/2014 che inserisce in edilizia libera:” le installazioni stagionali, destinate ad essere integralmente rimosse entro un termine non superiore a novanta giorni consecutivi, poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili e reversibili quali pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o di strutture stabilmente ancorate al suolo. Sono da ritenersi prive di rilevanza urbanistico edilizia le installazioni comunque prive di tamponamenti esterni continui e di coperture realizzate con materiali rigidi e durevoli”.

La legislazione toscana, come si vede, pone molto l’accento sulla leggerezza  e la precarietà dell’opera ai fini della sua ammissione in edilizia libera (nel gergo toscano, per essere precisi, si tratterebbe dell’ambito di “irrilevanza edilizia”), il che rende dubitabile che installazioni come quelle in parola possano essere ritenute abbastanza leggere e precarie per rientrarvi.

Porto l’esempio della Toscana per mostrare come si complica la questione scendendo dall’ambito nazionale a quello locale, ma vuole essere solo un esempio: in ogni regione esistono norme che incidono nei modi più disparati sul punto, con regole, che, quindi, a livello locale in certa misura cambiano.

Altro paletto: l’art. 6 del DPR 380/2001 ammette che gli interventi che elenca siano realizzabili in edilizia libera a condizione che siano – cito testualmente l’incipit dell’articolo – “fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.

La situazione non è quindi così semplice e questo spiega come mai pronunce recenti su casi analoghi, come ad esempio TAR Toscana n. 93/2018, che tratta di una tensostruttura per il tennis, alla fine si muovano ammettendo l’opera all’interno del perimetro delle strutture fisse eventualmente apribili a servizio delle attività sportive, richiamando il disposto dell’art. art. 3 co. 1 lett. e) DPR 380/2001, e qualificandola come “installazione di manufatti anche prefabbricati e di strutture di qualsiasi genere … che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee“, tutt’altro che libera e soggetta a permesso per costruire.

Tirando le fila di questo discorso, il fatto che la copertura per il vostro campo da Padel possa essere installata senza nessuna autorizzazione o formalità, come qualcuno reclamizza, non può essere preso come oro colato ed espressione di un principio generale e sempre valevole, ma deve essere visto come una possibilità astratta dipendente da un gran numero di variabili, da valutare attentamente con il vostro geometra, architetto ed ingegnere (e magari il loro consulente legale in materia), accettando l’eventualità che invece, nel vostro caso, siano necessarie diverse pratiche amministrative.

Il tutto, magari, prima di concludere l’acquisto.

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